L’acqua e il
riso
Il riso era una coltura non molto
presente nel territorio italiano, ma con il passare degli anni cominciò a
sostituire gli altri tipi di colture fino a diventare la monocoltura tipica per
eccellenza nella zona nord-ovest d’Italia il terreno per la coltura del riso
(risaia) è perfettamente livellato, diviso in vasche molto basse, dette camere,
mediante piccoli argini di terra alti 30-40 cm. Le camere vengono allagate dopo
la semina nel caso di semine in asciutta come fossero bagnature, e nella
maggior parte dei casi alle sommersioni delle camere, segue nel giro di pochi
giorni la semina. Coltivare il riso nell’acqua comporta alcuni vantaggi:
l’acqua trasporta nella risaia molte
sostanze nutritive dall’esterno e grazie a questo si può ottenere un raccolto
maggiore del 50% rispetto a una risaia concimata.
Contrariamente al riso, le altre
piante non si trovano a loro agio nell’acqua e questo limita drasticamente la
proliferazione di piante indesiderate nelle risaie. Le coltivazioni senza acqua
hanno bisogno di cicli di riposo o cambiare il tipo di colture per non
impoverire il terreno, viceversa quelle immerse nell’acqua non necessitano di
questa condizione e gli appezzamenti di terreno utilizzati come risaie, proprio
grazie all’acqua, possono essere riutilizzati ogni anno e sempre dal riso senza
alcun cambio di coltura.
L’acqua raccoglie il calore di giorno
e lo cede durante la notte, mantenendo la temperatura costante a difesa dei
semi e delle giovani piante. L’acqua delle risaie non deve essere stagnante ed
è necessario un ricambio d’acqua corrente per non impoverirsi d’ossigeno,
vitale per la vita delle piante, per questo le camere sono poste a livelli
differenti e l’acqua immessa da un canale (cavo irrigatorio) in quello
inferiore scorre verso quelli inferiori fino ad un altro canale detto colatore.
Bibliografia:
Wikipedia
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