venerdì 1 novembre 2013

Uscita ai navigli Pavese e Grande del 7/06/2013

classe 4G Panta Rei uscita del 7-06-2013



l'attracco nel Naviglio Grande (imbarcadero)

Il giorno 7 giugno 2013 insieme ad alcuni docenti noi alunni della classe 4G allora 3G abbiamo compiuto una gita sui navigli.
Nella fotografia è ripreso il momento in cui stiamo per imbarcarci sul battello che ci avrebbe guidato nella nostra vista.







il battello, sullo sfondo il campanile di S. Eustorgio

In questa immagine vediamo il battello pronto ad accoglierci,si tratta di una imbarcazione di notevoli dimensioni aperta sia nella parte anteriore che in quella posteriore e dotato di pareti trasparenti per permettere ai turisti di ammirare il paesaggio.
Sullo sfondo si intravede invece il campanile di S. Eustorgio che si staglia in lontananza immerso nella luce.












il Naviglio Grande

Ecco che finalmente ha inizio il nostro giro.In questa fotografia possiamo vedere il Naviglio Grande.L'acqua sottostante a noi ha un colore verdastro e rispecchia il paesaggio circostante che è costituito da qualche abitazione e una serie di alberi sulla sinistra,mentre sulla destra una struttura in cemento probabilmente una strada su cui circolano automobili.









chiesa di S. Cristoforo

Osservando il paesaggio che circonda il Naviglio Grande non si può non rimanere colpiti dalla chiesa di S. Cristoforo un edificio imponente in stile gotico e costruito con mattoni rossi.


ex fabbrica Richard-Ginori

Ecco che ci imbattiamo nella ex fabbrica Richard-Ginori famosa fabbrica di porcellana ormai non più in attività.
















alzaia Naviglio Grande

Si intravede in questa immagine l'alzaia del Naviglio Grande ovvero la strada di servizio lungo la riva del canale, le due alzaie sono collegate tra loro da un ponte.
Alzaia è anche il termine utilizzato per indicare la fune che traina imbarcazioni controcorrente.














                                                                                                                                                                                                                                                                                                   
 ingresso alla Darsena

Qui siamo invece all' ingresso della Darsena,un bacino acqueo artificiale adibito a rimessa per le imbarcazioni.
Prima di accedervi dobbiamo oltrepassare un ponte piuttosto profondo.



 la Darsena e l'arco del Cagnola

In questa fotografia siamo finalmente entrati nella darsena,ha una forma più irregolare rispetto a quella dei navigli nostante sia stata anch'essa costruita artificialmente.
La vegetazione è piuttosto ricca in particolare sulla sponda sinistra mentre sulla destra e sullo sfondo è maggiore la presenza di abitazioni. 



     il Naviglio Pavese 
                                                              
Qui ci troviamo sul Naviglio Pavese e il paesaggio è notevolmente cambiato.La vegetazione è del tutto assente mentre siamo circondati da palazzi molto alti e se prima immersi nella natura quasi non ci accorgevamo di essere in città,qui non possiamo fare a meno di notarlo.
















la prima chiusa sul Naviglio Pavese

In questa immagine si vede la prima chiusa sul Naviglio Pavese.
Il sistema delle chiuse  inventato da Leonardo da Vinci consisteva in un sistema idraulico che sfruttava l'entrata o l'uscita d'acqua tramite un varco e consentiva gli spostamenti delle imbacazioni sul naviglio.






il Naviglio Pavese

Ecco un'altra immagine scattata al Naviglio Pavese.
Il paesaggio qui è notevolmente mutato,mentre prima immersi nella natura quasi non ci accorgevamo di trovarci in città qui non possiamo fare a meno di notarlo,siamo infatti circondati da palazzi molto alti.






germana con i piccoli

Durante la nostra gita ci imbattiamo in un'anatra con i suoi piccoli che alla vista del battello,probabilmente abituati dalle continue visite turistiche si spostano lentamente senza timore di venire travolte.L'esemplare in foto è sicuramente una femmina caratteristica che ci appare evidente dal colore bruno-grigio del manto.












germane

Infine ecco ancora una coppia di germane che costeggiano il nostro battello.













Lavoro svolto da: Francesca C, Giulia Ca,                                                                                           Luca F, Stefano M, Simone R

giovedì 19 settembre 2013

https://dl.dropboxusercontent.com/u/46873771/Strumenti_61_br.pdf


Questo è il numero di strumenti dove si trova un esauriente articolo che racconta il primo anno della nostra bella esperienza Panta Rei"... nell'attesa...  di ripartire a breve con la fase finale "Marconiani sul Naviglio"....Buona lettura!

lunedì 1 luglio 2013

Ernesto e il suo caro Naviglio, di Davide Gotti


ERNESTO E IL SUO CARO NAVIGLIO
Era un sabato pomeriggio di primavera e l’ anziano Ernesto stava passeggiando lungo il naviglio con il suo nipotino quando decisero di sedersi su una panchina .
La situazione ricordava all’ anziano uomo la sua gioventù e il nipote vedendo il nonno pensieroso gli chiese a cosa egli stesse pensando ed Ernesto rispose che rivedeva se stesso nelle acque del naviglio che stavano “invecchiando” insieme a lui.
Il bambino , non capendo, chiese al nonno di spiegarsi meglio e quindi Ernesto decise di raccontare una storia al nipote.
Il 7 marzo del 1953 , all’ età di 17 anni, Ernesto decise di trasferirsi dal su paese di nascita , Bettola in provincia di Piacenza, a Milano.
Le prime due settimane milanesi le passò ospite da lontani cugini della madre , giusto il tempo di trovare un lavoro .
Venne assunto in una prestigiosa vetreria nella periferia sud di Milano e con il primo stipendio decise di affittare un piccolo appartamento sui navigli , una zona di Milano che lo affascinava moltissimo perché gli ricordava la sua dolce e fresca val Nure, nella quale passò la sua infanzia e giovinezza.
Nei periodi più caldi , dopo una lunga giornata alla vetreria , era solito fare un tuffo nel naviglio , prima di risalire nella sua accogliente casetta dall’ aria montana.
Un giorno , si stava recando al punto dove era solito tuffarsi , e poco più avanti sentì l’ urlo di una fanciulla, allora decise di andare a controllare e vide un piccolo ed esile barboncino bianco nel Naviglio Grande e la sua padroncina che lo stava richiamando disperatamente.
Ernesto decise di tuffarsi e riportò il cagnolino alla padrona la quale lo ringraziò in tutti i modi e lo invitò ad andare a casa sua per asciugarlo e ripulirlo , ma Ernesto rifiutò e tornò a casa sua.
Rimase letteralmente folgorato dalla visione di quella fanciulla ,dai suoi capelli biondi e lunghi fino a metà schiena e dai sui occhi azzurri come il ghiaccio.
Il giorno seguente , tornando dal lavoro , incontrò la fantastica fanciulla e , dopo essersi fatto coraggio, la invitò a bere un caffè .
I due si conobbero e tra loro si instaurò un'intensa amicizia, probabilmente perchè né uno né l'altra avevano veri amici a Milano.
La ragazza si chiamava Stella , veniva da Avellino e il padre era un importante bancario di origini svizzere , mentre la madre era morta a causa di complicazioni durante il parto.
Stella voleva seguire le orme del padre ed era andata a milano per studiare economia alla prestigiosa universitá milanese Luigi Bocconi.
I due continuarono a sentirsi e vedersi per piu di un anno e mentre stavano cenando la sera dell'8 marzo 1955 Ernesto chiese a Stella di sposarlo .
Nel frattempo , risparmiando , era riuscito a comprare la casa nella quale abitava in affitto per poi andarci a vivere con Stella.
Quella stessa sera Stella , lusingata e commossa, accettò di andare in moglie ad Ernesto e passarono la notte insieme.
Nel mese seguente i due si occuparono esclusivamente dell'organizzazione del lieto evento , ma Ernesto non abbandonò la sua abitudine del bagno nel naviglio, puntualmente , ogni sera , riviveva un attimo della sua infanzia tuffandosi nelle acque del naviglio.
Un venerdì sera , Stella ricevette una lettera da parte di sua zia Angelina la quale la informava che suo padre era stato ricoverato in ospedale a causa di un malore.
Stella non ci pensò due volte e prese il primo treno per Avellino per tornare al suo paese natale , probabilmente, per dare l'ultimo saluto al suo caro padre.
I due promessi sposi non si sentirono per più di due mesi ed Ernesto , dopo aver raccimolato una cospiqua somma si licenziò dalla vetreria e comprò una piccola fiat500 grigia per andare in campania a cercare la sua amata.
Il giovane e sconsolato Ernesto chiese più volte a se stesso se ciò che stava facendo era cosa buona o stupida, probabilmente stava solo perdendo tempo alla ricerca di qualcuno che non ricambiava più il suo amore.
Passó oltre un anno prima che Ernesto ritrovasse la sua amata , ma ciò che si trovò davanti non era quello che si aspettava : Stella si era sposata con il dottore che aveva operato suo padre e insieme a lui aveva avuto una bellissima bambina.
Ernesto preferì andarsene senza creare disordini perchè aveva comunque visto una famiglia felice che gli aveva riaperto il cuore.
Sulla strada del ritorno , con i soldi che iniziavano a scarseggiare, decise di prendere anche lui la strada per il suo paese natale e si diresse verso la fresca e pulita val Nure."
- E poi nonno , come va a finire ? -" Ritornato al suo paese venne accolto con uma grande festa alla quale conobbe quella che ancora oggi sua moglie con la quale ebbe due figlie.
Nel 1992 decisero di ritornare a Milano in quella sudicia e impolverata casetta piena di ricordi nei pressi del Naviglio Grande."
- Così potè continuare a fare il bagno come quando era ragazzo ?-" Purtroppo no , nel frattempo Milano era diventata un'importantissima città industriale e le fabbriche nascevano come funghi , e l'unico posto nel quale era possibile scaricare i rifiuti era proprio il naviglio, per queato motivo oggi abbiamo acque sporchissime , spesso schiumose e maleodoranti." - Adesso per colpa delle fabbriche nessuno potrà fare più il bagno nel naviglio!-" Caro nipote , oggi ci sono associazioni e gruppi che stanno lavorando per ripulire le acque e spero che un giorno tu possa raccontare questa storia ai tuoi nipoti ma in senso inverso, ovvero che una volta le acque del naviglio erano sporche ma che ora grazie al lavoro di molte persone si può usufruire di un bene così grande ".

di Davide Gotti, IIF Liceo Marconi, dopo una gita in barca con la classe sulle acque del Naviglio

sabato 8 giugno 2013

cartiera binda


Un ramo delle cartiere Binda nasce nel 1774 a Vaprio D’Adda tra il Naviglio Martesana e il fiume Adda.                                                                                     Quest’area offriva le migliori garanzie per l'abbondante presenza dell'acqua, elemento indispensabile alla produzione di carta.            "La cartiera meccanica di Vaprio cresce d'attività, con due macchine fabbricando carta senza fine...": già nel 1857 Cesare Cantù così descriveva l'opificio, fondato dal conte Paolo Monti Melzi, passato nell'Ottocento alla ditta Maglia & Pigna ed entrato nel 1868 a far parte del gruppo Ambrogio Binda, proprietario della celebre cartiera di Conca Fallata a Milano. La sua storia è accompagnata dal nome di diversi proprietari e direttori che, trasformando gli impianti, modernizzando le strutture, impostando con nuovi criteri le strategie produttive, seppur tra alti e bassi hanno permesso alla cartiera di rimanere attiva fino all'anno 2009. Lo stabilimento, prima della chiusura, faceva capo al gruppo Munksjo Paper Decor Italia, uno dei primi gruppi italiani del settore cartario, la cui sede centrale è a Besozzo, in provincia di Varese.



Storia della Carta


Una delle esigenze fondamentali dell’uomo, fin dall’epoca preistorica, è quella di poter fermare le immagini, le parole ed i pensieri e poterli condividere senza limitazioni di tempo o di distanza.
Ma dove fermare disegni, geroglifici e scrittura?
La prima soluzione la trovarono i Caldei della Mesopotamia, nell’attuale Iraq. Fabbricarono delle tavolette d’argilla e, mentre erano ancora molli, vi incidevano dei segni a forma di cuneo, di modo che, una volta cotte, rimanessero inalterate nel tempo. Gli antichi egizi, secoli dopo svilupparono un’altra tecnica, forse più geniale. Si accorsero l’interno di una particolare pianta palustre, il Papiro, era composto da strisce di materiale morbido, liscio e resistente, sul quale, con inchiostri vegetali e minerali, si potevano fare piccoli disegni o segni grafici. Le incollarono insieme e nacquero così i fogli. Il procedimento era lungo e costoso e l’offerta di prodotto scarsa, ma era comunque un notevole passo avanti. E’ poco noto che, nell’America dei Maya un procedimento analogo utilizzava una pianta di nome Amate. Questa tecnica ebbe grandissima fortuna, tanto che ancora oggi, nella maggioranza delle lingue il supporto alla scrittura ne porta ancora il nome (in inglese paper, in francese papier, in tedesco papier, in russo papiri, in spagnolo papel, ecc.) e si diffuse in tutto il mondo mediterraneo. Questo progenitore della carta ha permesso la diffusione nel mondo classico del pensiero greco romano, della letteratura, filosofia storia e matematica. Altre tecniche ebbero meno fortuna, per il loro elevato costo, come la pergamena che consiste in una pelle di pecora conciata o le tavolette metalliche incerate usate dai romani. In Cina, nell’anno 105 d.c., un importante personaggio della corte imperiale Ts’ai Lun, fece un’acuta osservazione ed ebbe la giusta intuizione per risolvere il problema. Seduto sui bordi di un ruscello guardava una donna che faceva il bucato. Qualche metro più a valle, in un’ansa, sulla superficie si era formato un sottile strato di fibre perse dai panni. Provò a toccarlo ma subito il movimento dell’acqua disunì le fibre, poi pensò di sollevarlo con una reticella molto stretta e la fibre rimasero unite. Fece seccare al sole questo strato e ne venne fuori un piccolo foglio, liscio, morbido, resistente e candido. Perché accadeva? Le piante sono composte di vari elementi, uno dei quali, la cellulosa, è composto da fibre morbide, elastiche e resistenti. Attraverso il processo di filatura e di tessitura queste fibre (cotone, lino, canapa, juta, ecc) diventano tessuti ma, quando sono troppo corte per essere filate, hanno un’altra caratteristica, cioè possono feltrare naturalmente agganciandosi l’una all’altra. Bastava accelerare il processo di sfilacciamento dei tessuti con dei mortai per ridurli ad una poltiglia e sollevarli con delle reticelle. L’imperatore Ho Ti, felice dell’invenzione che consentiva di produrre fogli di carta (come noi la chiamiamo; dal latino charta che significava foglio) in grande quantità ed a costi molti contenuti rispetto al papiro egiziano, lo ricoprì di onori e volle che la tecnica fosse insegnata a tanti artigiani, ma che fosse mantenuto il segreto e non uscisse dai confini della Cina, pena, come usava allora, la morte. Nei paesi vicini furono tentate delle imitazioni, alcune delle quali sopravvivono ancora oggi. In Thailandia usando l’interno della corteccia del gelso, costituito di cellulosa pura e in Tibet con un arbusto locale, il Lokta, mentre il Giappone si usarono pianticelle locali. Nel 751 d.c., al tempo dell’espansione araba dopo la morte di Maometto, i musulmani strapparono ai cinesi le città dell’Asia centrale. Sbalorditi dalla tecnica la misero subito in pratica diffondendola nella parte del mondo che dominavano e che comprendeva, oltre al Medio Oriente, il nord Africa, la Sicilia e la Spagna. Cinque secoli dopo i mercanti italiani che commerciavano con gli arabi, riuscirono ad apprendere i segreti di lavorazione attraverso Costantinopoli e li portarono in Italia, ad Amalfi ed a Fabriano. La tecnica nei secoli era cambiata. Uno di questi è la filigrana, che è stata inventata proprio a Fabriano. Se sulla reticella che solleva lo stato di fibre si cuce un pezzetto di metallo, tutti i fogli prodotti ne verranno “marcati”, sempre uguali e nella stessa posizione. Ciò perché nel punto dove è cucito il pezzo di metallo si deposita meno pasta, e quindi la carta è più sottile e trasparente. La filigrana, nata come marchio che attestava la provenienza e la qualità del foglio, col tempo divenne un decoro ornamentale e un sigillo di garanzia, che potete vedere ancora oggi nelle banconote e nelle carte valori che sono tutte filigranate per impedirne la contraffazione. Il segreto della tecnica delle filigrane veniva gelosamente custodito dai fabrianesi e nessun artigiano poteva espatriare, pena, manco a dirlo, la morte. Il monopolio italiano durò alcuni secoli, poi nel ‘400 le cartiere si diffusero in tutta Europa fino nei paesi scandinavi ed in Russia e passarono l’oceano limitandosi però al Nord America. Venivano sempre costruite in vicinanza di corsi d’acqua per due ragioni: Innanzitutto perché per ogni chilogrammo di carte ne sono necessari dai 50 ai 150 litri e poi perché l’unica forza motrice che azionasse i pesanti magli sfilacciatori era quella idraulica. Spesso erano vicino ai porti, dove più abbondante era la disponibilità degli stracci di cotone, lino ecc, e dei cordami usati di canapa e juta, materie prime allora insostituibili. Alla fine del ‘600 gli olandesi, nonostante la loro terra pullulasse di mulini, svilupparono un’altra invenzione. Al posto dei magli pesanti e poco funzionali, inventarono una macchina che da loro prese il nome, il raffinatore “olandese”. Questa macchina è costituita da una vasca oblunga parzialmente divisa a metà da un setto. Su uno dei lati è montata una ruota con decine di lame e sotto di essa, sul fondo della vasca, ci sono altre lame taglienti dette “platina”. Ruotando su se stessa ed avvicinandosi alla platina la ruota ha l’effetto forbice sulle fibre sospese nell’acqua che circolano nella raffinatrice spinte dal moto della ruota, accorciandosi a poco a poco ad ogni passaggio. La forza motrice allora era data da una ruota da mulino, come nei magli, ed oggi è sostituita da un motore elettrico. Nel 1798, ad opera di L.N. Robert, fu costruita la prima macchina da carta, che rivoluzionò completamente il sistema di fabbricazione, perché produceva una striscia continua di carta prodotta da un tamburo ricoperto da una rete metallica che ruotava in una vasca dove era in sospensione le fibre vegetali tagliuzzate. Il foglio continuo passava poi tra dei cilindri caldi per essere pressato ed asciugato. La diffusione di queste macchine fu lenta, in Italia nel 1850 ne esistevano solo due, ma inesorabilmente soppiantò, per l’indubbio abbassamento dei costi, la carta a mano tradizionale.  Poi nell’800 fu scoperto un procedimento chimico che permetteva di estrarre la cellulosa direttamente dal legno degli alberi e la produzione fu ulteriormente incrementata. Oggi la carta è prodotta, in tutto il mondo, da immense macchine continue, lunghe centinaia di metri e velocissime. Le più moderne creano un foglio largo 10 metri alla velocità di 2000 metri al minuto! Ma questa è un’altra storia.


FONTI: Navigli.it                                                                           http://www.cartaamanonelleande.org/it/paper-and-history                                                                                                                                                                                                 
                            

venerdì 7 giugno 2013

l'acqua e il riso


L’acqua e il riso
Il riso era una coltura non molto presente nel territorio italiano, ma con il passare degli anni cominciò a sostituire gli altri tipi di colture fino a diventare la monocoltura tipica per eccellenza nella zona nord-ovest d’Italia il terreno per la coltura del riso (risaia) è perfettamente livellato, diviso in vasche molto basse, dette camere, mediante piccoli argini di terra alti 30-40 cm. Le camere vengono allagate dopo la semina nel caso di semine in asciutta come fossero bagnature, e nella maggior parte dei casi alle sommersioni delle camere, segue nel giro di pochi giorni la semina. Coltivare il riso nell’acqua comporta alcuni vantaggi: l’acqua  trasporta nella risaia molte sostanze nutritive dall’esterno e grazie a questo si può ottenere un raccolto maggiore del 50% rispetto a una risaia concimata.
Contrariamente al riso, le altre piante non si trovano a loro agio nell’acqua e questo limita drasticamente la proliferazione di piante indesiderate nelle risaie. Le coltivazioni senza acqua hanno bisogno di cicli di riposo o cambiare il tipo di colture per non impoverire il terreno, viceversa quelle immerse nell’acqua non necessitano di questa condizione e gli appezzamenti di terreno utilizzati come risaie, proprio grazie all’acqua, possono essere riutilizzati ogni anno e sempre dal riso senza alcun cambio di coltura.
L’acqua raccoglie il calore di giorno e lo cede durante la notte, mantenendo la temperatura costante a difesa dei semi e delle giovani piante. L’acqua delle risaie non deve essere stagnante ed è necessario un ricambio d’acqua corrente per non impoverirsi d’ossigeno, vitale per la vita delle piante, per questo le camere sono poste a livelli differenti e l’acqua immessa da un canale (cavo irrigatorio) in quello inferiore scorre verso quelli inferiori fino ad un altro canale detto colatore.

Bibliografia:
Wikipedia

lunedì 20 maggio 2013



NAVIGLIO GRANDE

Il Naviglio Grande è un canale completamente artificiale derivato dal fiume Ticino, presso Tornavento, e termina nelle acque della darsena di Porta Ticinese in Milano. E’ stato costruito prima dell’invenzione delle chiuse.
Ha una lunghezza di 49,9 km con un dislivello totale di 34 metri; ha una larghezza variabile intorno ai 20 metri per poi restringersi intorno ai 15 metri (nel tratto da Abbiategrasso a Corsico) fino ad arrivare a 12 metri in Milano. La profondità minima che può raggiungere è di 1m e la massima è di 3,80m.





NAVIGLIO PAVESE

Il Naviglio Pavese nasce come canale navigabile che univa Milano a Pavia; prende le acque dalla darsena di Porta Ticinese a Milano e sfocia nel Ticino a Pavia.
Ha una lunghezza di 33,1 km e una larghezza di circa 10,8 m sul fondo. La sua profondità è di 1m. Il canale supera un dislivello di 56,73m di cui 4,5 consumati in pendenza e gli altri 52,21 esauriti in 14 sostegni (chiuse)-conche.  





NAVIGLIO DELLA MARTESANA

Il Naviglio della Martesana, completato definitivamente nel 1496 sotto la guida di Ludovico il Moro, scorre da Trezzo sull´Adda a Milano per una lunghezza totale di 38 km. Presenta un dislivello di 18m con una pendenza ripartita essenzialmente sul fondo. E’ largo dai 9 ai 10 metri e con una profondità media di 75 cm. Ha una sola conca a Cassina de Pomm di circa 2m.











NAVIGLIO DI PADERNO

Progettato da Leonardo da Vinci ed inaugurato da Lodovico il Moro nel 1496, il naviglio della Martesana serviva a congiungere la città di Milano all'Adda e quindi al lago di Como.
Il naviglio di Paderno ha una lunghezza di 2605m circa ed è una larghezza di 11m sul fondo; l´acqua è sempre tenuta a metri 1,20 d’altezza. Ha una profondità di 1,5m circa ed un dislivello di 27m vinto con 27 sostegni.






NAVIGLIO DI BEREGUARDO

In particolare, il naviglio di Bereguardo, iniziato già nel 1420, fu realizzato in gran parte tra il 1457 e il 1470 per volontà di Francesco I Sforza duca di Milano. Ha una lunghezza di 6,5 km e una larghezza di 9m circa. Presenta un dislivello di 25m di cui 21 coperti da 11 sostegni e una profondità che varia da 1m a 1,5m. Si dirama sulla destra del Naviglio Grande a Castelletto di Abbiategrasso e termina a Bereguardo.












Le chiuse del Naviglio

L’arte di costruire canali navigabili sarebbe poco progredita nei secoli se non fosse intervenuta l’invenzione della conca che consente colla regolazione della pendenza dei canali, la loro migliore navigabilità, vincendo con salti in località opportune i forti dislivelli del terreno, trasformando, cioè un canale a pendenza continua, quale si addice bene per condurre acque di irrigazione e di forza motrice, in un canale a gradinata, ogni gradino del quale è precisamente una conca, cioè un bacino di limitate dimensioni, compresso tra due chiuse mobili successive, dove è possibile il far salire e scendere il livello delle acqye e con esse i galleggianti che vi si trovano.
La conca di navigazione è un manufatto idraulico che permette di rendere navigabili canali e fiumi con differenti livelli d'acqua.
La parte centrale della conca è formata da una vasca, chiamata anche bacino, di dimensioni proporzionate alle imbarcazioni che la devono attraversare. In genere la vasca sui lati maggiori è delimitata da due muri di fiancata e sui lati minori da due porte a tenuta d'acqua. Il fondo della vasca è posto a livello uguale o leggermente più basso di quello del corso d'acqua inferiore.
Se per esempio una barca sta risalendo il  corso di un canale le porte a monte della conca sono aperte, quelle a valle sono chiuse. Entra nel bacino della chiusa, le porte a valle si chiudono, il livello dell’acqua nella chiusa si alza grazie all’afflusso delle porte aperte a monte, quando l’acqua ha raggiunto il livello del corso superiore il natante può proseguire. Manovra inversa per il percorso in senso contrario.
Ciascuna delle due porte, come per la barca, può essere manovrata soltanto quando l'acqua posta a monte e a valle della stessa porta, è a pari livello. Per questa ragione le porte sono munite di acquedotti, aperture che possono essere chiuse o aperte a volontà per riempire o svuotare la vasca della conca senza ricorrere all'impiego di pompe.



Bibliografia:
·         Navigli del milanese di Giuseppe Codara; ed. Meneghine
·         Wikipedia
·         Storia dei navigli.it

                                    
                                                                             Emma Valenti, Arianna Pavesi, Ginevra Scaglioni.